Forse a qualcuno potrà sembrare che io la prenda “troppo larga” ma se la Storia serve a qualcosa allora dovrebbe servire (almeno) a non rifare gli stessi errori.

Correva l’anno 1921 ed alla Casa Bianca salì Warren Harding originario dell’Ohio ed artefice di una politica estremamente liberista che si basava su alcuni punti fondamentali:

  • Liberismo
    Nessun vincolo dello Stato alla libera iniziativa individuale e nessun controllo sulle grandi concentrazioni monopoliste che vennero ad acquisire sempre più potere (purtroppo) Politico oltre che finanziario
  • Proibizionismo
    Divieto di fabbricazione e vendita di alcolici, teso alla moralizzazione dei costumi ed utilizzato anche a scopi razzisti indicendo le persone a pensare che l’alcolismo fosse prerogativa tipica delle persone di colore, degli immigrati e dei proletari.
  • Protezionismo
    Controllo inflessibile della concorrenza estera mediante l’applicazione di alte tariffe doganali per la merce in ingresso.

Nel frattempo la ripresa economica dell’Europa, seguita alla crisi del 1920-1921, era dovuta anche ai prestiti Americani e all’applicazione del piano Dawes consentendo al contempo l’espansione dell’Industria Americana che cominciò a recuperare i crediti concessi ai paesi dell’Intesa durante la guerra oltre che esportare nel vecchio continente merci e capitali. In questo modo si arrivò al boom economico degli anni ’25-’26 con un aumento vertiginoso di produzione dei beni durevoli (auto, radio, elettrodomestici) accompagnato in un clima di generale euforia alla più sfrenata speculazione finanziaria. Il benessere non fu però generalizzato: in seguito ai tagli della spesa sociale da parte dello Stato (vi ricorda qualcosa? n.d.r.) e alla pesante tassazione larghe fasce di popolazione si trovarono penalizzate e si allargò il divario fra ricchi e poveri. Alla saturazione del mercato dei beni durevoli segui il calo progressivo della domanda anche perché chi li aveva non necessitava di comprarli e chi non li aveva non aveva altresì il denaro necessario per l’acquisto. In questo contesto nacque quello che oggi definiamo “Credito al Consumo” teso ad incentivare la popolazione all’acquisto di tali beni anche in assenza di denaro liquido, portando ad una gigantesca crisi da sovra produzione che fece crollare i prezzi ed in modo più o meno diretto anche il valore dei titoli delle aziende produttrici, in un vortice negativo culminato nell’ormai famoso Giovedì Nero del 24 Ottobre 1929 con il crollo di Wall Strett.

L’economista John Kenneth Galbraith individuò almeno cinque fattori di debolezza nell’economia americana responsabili dell’inizio della crisi:

  • cattiva distribuzione del reddito;
  • cattiva struttura o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie
  • cattiva struttura del sistema bancario
  • eccesso di prestiti a carattere speculativo
  • errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale, considerato un fattore penalizzante per l’economia) (vi ricorda qualcosa? n.d.r.)

Si avvertirono immediatamente tutte le conseguenze economiche di questo crollo nel sistema economico mondiale che era ormai strettamente collegato a quello statunitense: gli USA sospesero l’erogazione dei prestiti all’estero ed inasprirono ulteriormente le tariffe doganali, seguiti dagli altri paesi, fatto questo che portò ad una contrazione del 60% (percentuale mostruosa) degli scambi commerciali. La crisi (che si prolungò fino al 1932) ebbe gravissime ripercussioni sociali: 14 milioni di disoccupati in America e 15 milioni in Europa.

I paesi Europei reagirono in modo diverso alla crisi: in Inghilterra si procedette nel 1931 alla Svalutazione della Sterlina mentre in Francia ed in Italia si ricorse alla deflazione (cioè alla riduzione della massa monetaria mediante restrizione del credito e tagli alla spesa pubblica) volta al mantenimento del valore della moneta tuttavia con effetti negativi sulle esportazioni ma in linea generale si aprì anche nel vecchio continente una ventata di protezionismo (sulla scia degli States) che vide l’Inghilterra creare una unione doganale imperiale mentre Germania ed Italia tentarono l’attuazione di una politica autarchica rafforzata da noi dopo la conquista dell’Etiopia.

Facendo un breve passo indietro, occorre ricordare che l’industria tedesca uscì dalla prima guerra stremata. Da allora gli stessi paesi vincitori, soprattutto gli Stati Uniti, si erano resi conto della necessità di sostenere l’economia tedesca con ingenti finanziamenti. Questi finanziamenti avevano creato un curioso triangolo, in cui la Germania usava gran parte di queste risorse per pagare i debiti a Gran Bretagna e Francia e queste a loro volta usavano i capitali per pagare i propri debiti. Dunque questo sistema sarebbe sopravvissuto fin quando gli USA fossero stati in grado di esportare capitali in Germania, che che (come abbiamo visto) si interruppe con la crisi del ’29.

Quindi abbiamo visto che la crisi di Wall Street ebbe pesanti ripercussioni in Germania, alle quali i governi che si succedettero (Muller e Bruning) non seppero far fronte. Invece di sganciarsi dal sistema aureo e svalutare la moneta, tagliarono le spese statali confidando sulle imprese private nella illusoria convinzione che lo stato debba risparmiare. Nello stesso tempo però i prestiti statunitensi e l’afflusso dei capitali esteri si ridussero e s’innescò una profonda crisi economica: alle continue ondate di licenziamenti e di fallimenti bancari faceva seguito il calo dei prezzi. In questo drammatico panorama i disoccupati disperati diedero sempre più ascolto ai partiti estremisti, come quello nazista. Anche altri partiti conservatori erano favorevoli alla svolta autoritaria, fra questi il Partito Popolare Nazionale Tedesco diretto da Von Hindenburg e si credevano di poter addomesticare Hitler ed eliminare la sinistra. L’SPD non vedeva la necessità di costituire un fronte unico contro Hitler e il KPD (Partito Comunista di Germania) non avrebbe mai stretto un accordo con i social democratici.

Le elezioni del 1932 misero ancora più in crisi i movimenti filo-repubblicani e portarono alla ribalta il Partito Nazista di Adolf Hitler che seppe approfittare abilmente (come tutti sappiamo) della situazione economica del tempo per salire al potere.

Anche se il legame non è diretto (ne potrebbe esserlo n.d.r.) fu il liberismo sfrenato Americano che porto alla crisi di Wall Strett e la politica di austerità che seguì alla crisi del 1929, basata in ultima sintesi sul pareggio di bilancio portò al potere (come conseguenza indiretta dovuta al taglio generalizzato del wellfare e l’aumento dell’indigenza popolare) il dittatore con tutte le conseguenze che ne seguirono.

Questo perché l’idea che uno Stato debba “avere i conti in pareggio” unita alla formula della “Moneta a Debito” che per sua stessa natura non consente di farlo rappresenta il più catastrofico binomio che la Storia abbiamo mai conosciuto.

Sovranità Italiana è nato per impedire che accada ancora.

Davide Carlo Serra

Di Davide Serra

Presidente di Sovranità Italiana

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *