il DEF è un termine ormai noto a tutti: si tratta del Documento di economia e finanza ed è il principale strumento di programmazione economica del governo. Riporta gli obiettivi triennali di politica economica del Paese, le stime sull’andamento delle finanze pubbliche e dell’economia nazionale e le riforme che l’esecutivo intende attuare.
E’ in partica un documento che anticipa le norme che verranno approvate nei periodi successivi, introdotto dalla legge 362 del 1988 (all’epoca si chiamava Documento di programmazione economico-finanziaria) ed è stato poi adeguato agli impegni e ai tempi dettati dall’Unione europea.
Non ha efficacia vincolante ma serve a indicare ai partner commerciali dell’Italia, ai suoi creditori sul mercato e all’Unione Europea quali sono le prospettive a breve e medio termine.
Oltre al DEF viene prodotta la NADEF, o Nota di Aggiornamento al DEF, che rappresenta invece un Documento di Economia e Finanza, fondamentale per la stesura della nuova legge di bilancio, ed un testo che l’esecutivo deve presentare alla Camera e al Senato entro e non oltre il 27 settembre di ogni anno.
Nella Nota di Aggiornamento al DEF il governo inserisce le nuove stime economico-finanziarie formulate sulla base dei maggiori dati a disposizione e di un quadro macro certamente più chiaro. In pratica il testo rielabora e aggiusta le previsioni formulate nel Documento di Economia e Finanza presentato nel mese di aprile.
Nella NADEF l’esecutivo aggiorna anche gli obiettivi programmatici del Paese e tiene conto di eventuali osservazioni formulate dall’Europa (non così improbabili nel caso italiano).
Perché è importante?
Perché dopo l’emissione della Nota di Aggiornamento, il governo ha l’arduo compito di approvare la nuova legge di bilancio con la quale il Parlamento conferisce all’esecutivo la possibilità di utilizzare le risorse economiche statali per l’esecuzione delle politiche pubbliche e delle attività amministrative: in altre parole la NADEF rappresenta uno dei passi fondamentali che portano poi a scegliere quali riforme saranno attuate e quali invece accantonate, con ovvie ricadute su tutti i cittadini italiani.
Bene, leggendo la nota di quest’anno troviamo tante cose interessanti, e chi volesse leggerla tutta la può scaricare direttamente dal sito del MEF ma voglio anticipare qui una parte:

Da questo scorcio di documento si evince come il nostro governo abbia previsto di ridurre due cose:
- La spesa per le pensioni, che dai 17,0% sul PIL del 2020 passerà al 15,4% del PIL nel 2021
- La spesa per la sanità, che dai 7,5% del PIL passerà 6,1% del PIL nel 20224
Ora è vero che il PIL è previsto in crescita, ma fatto 100 il PIL se la spesa scende dal 7.0% al 5.3% in 4 anni significa che il PIL dovrebbe aumentare al 134% rispetto a quello del 2020 per mantenere invariata la spesa [(7.1 X 100 / 5.3) = 133,96], altrimenti lo Stato spenderà molto meno nel 2024 di quanto non ha speso nel 2022.
Inutile dire che una crescita del 134% in 4 anni la vedo molto dura, ma questo significa che il nostro governo è ottimista? No affatto! Significa solo che la politica di tagli al welfare avviata trent’anni fa continua inesorabile al grido di “NON CI SONO I SOLDI !!” quando noi di Sovranità Italiana sappiamo benissimo perché “non ci sono i soldi”.
Quando lo capiremo tutti, e soprattutto capiremo che deve essere la Finanza al servizio dell’Economia e non il contrario, allora comincerà la versa svolta che porterà il nostro paese ad essere quello che merita di essere.
Davide Carlo Serra