Il 3 maggio è stata la ricorrenza della “giornata mondiale della libertà di stampa”, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993.

La celebrazione della Giornata rappresenta un promemoria per tutti i governi affinché rispettino il loro impegno verso la libertà di stampa e un’occasione di riflessione tra i professionisti della comunicazione, offrendo l’opportunità di verificare la situazione nei vari paesi del mondo e rendendo onore ai tanti giornalisti che hanno perso la vita per difendere la libertà di espressione.

Il Consiglio d’Europa, preoccupato dall’erosione della libertà di stampa nelle situazioni di crisi, ha successivamente adottato tre documenti particolarmente significativi per tutelarla: una Dichiarazione sulla libertà di espressione e di informazione nei media nel contesto della lotta al terrorismo, delle linee guida sulla protezione della libertà di espressione e di informazione in tempi di crisi e una Dichiarazione sulla protezione e la promozione del giornalismo d’inchiesta.

Anche noi, nella nostra amata Costituzione abbiamo a tal proposito l’Art. 21 che cita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”

L’organizzazione Reporter senza frontiere (Rsf) pubblica la sua classifica annuale sullo ‘stato di salute’ dell’informazione e sull’esercizio della professione in 180 Paesi nel mondo.

Al di là dei regimi autoritari, nel suo rapporto Rsf esprime preoccupazione per una deriva sempre più manifesta nei Paesi democratici. “La polarizzazione mediatica rafforza e alimenta le divisioni all’interno della società” ha denunciato l’organizzazione, facendo notare che “le crescenti tensioni sociali e politiche vengono accelerate dai social network e dai nuovi media di opinione”. Secondo Rsf, lo sviluppo sempre maggiore dei media di opinione amplifica e banalizza l’informazione. ” minando le basi dell’armonia civile e di un dibattito pubblico tollerante”.

Se stiamo ad analizzare ben bene, questa “deriva mediatica”, in Italia risulta molto marcata da oltre due anni, dove l’argomento clou “pandemia” l’ha fatta da padrone, lasciando da poco lo scettro ad una nuova narrazione: la guerra Russo-Ucraina. E’ la prima volta, da che mi ricordo, che viene fatto un martellamento “di opinione” quotidiano e costante da far invidia ai migliori televenditori di tv private.

Il susseguirsi dei fatti, è riportato con estrema enfasi, musica drammatica in sottofondo e narrato con voce mesta e dolente.

Sull’onda della paura è stato tutto un “vi permettiamo”, “non vi permettiamo” e l’emergenza sanitaria ci ha portato ad accantonare la Costituzione, limitando le libertà e condizionando le persone per continuare a vivere.

Durante il primo lockdown del 2020, il governo italiano diede l’incarico di fact-checker ad una società privata. Da qui, la riflessione lecita: perchè incaricare qualcuno di passare al vaglio le notizie che sarebbero corse sul web? Sono un caso tutti i post bloccati dai maggiori social di proprietà privata? Quali sono stati i criteri?

Mano a mano che poi si sono aperte inchieste e interrogazioni parlamentari, è calato il segreto militare su “Codogno”, sui dati dei vaccini dell’EMA, sull’invio di armi all’Ucraina.

Per non parlare poi di chi è stato sospeso o radiato, dai vari albi di categoria, solo perché critico sulle procedure indicate da adottare.

La medicina è la scienza che studia le malattie del corpo umano al fine di cercare di garantire la salute delle persone e la scienza è la sintesi di esperienza e ragione, l’acquisizione di conoscenze verificabili e da discutere pubblicamente (e quindi libera da ogni principio di autorità).

In tutto questo, come si comporta la stampa nazionale?

Sicuramente non sta seguendo un protocollo di mera cronaca della notizia ma, perseguendo “interessi” che sembrerebbero non essere quelli di informare la gente con chiarezza ed equilibrio ma di indirizzarli in una certa direzione, il mainstream ha assunto il ruolo di chi pensa di detenere il primato dell’intelligenza e di possedere la rivelazione dell’unica verità! Si è attribuita il ruolo profetico di essere “verbo”, consapevole di avere un impatto notevole su un enorme fetta di utenza che oggi si nutre di mainstream e reti sociali e vi si affida incondizionatamente senza nessuna capacità critica.

Passati in sordina i vari segreti militari, abbiamo assistito con la pandemia prima e con la guerra ora, ad una discriminazione in TV degli ospiti “non conformi”, ad una costruzione mediatica di divisione tra i cittadini che hanno obbedito e i cittadini che hanno fatto scelte contrarie ma consapevoli e peraltro previste dalla legge italiana, abbiamo visto creare una linea di divisione in buoni e cattivi, di premiazione e apartheid, di liberi “condizionati dal greenpass” e ribelli da perseguitare. In nome di una “emergenza sanitaria” si perseguita l’italiano che non si conforma, ma non l’extracomunitario o il rifugiato di guerra non vaccinato; non parlo di emergenza umanitaria, sia chiaro, ma della stessa emergenza sanitaria adottata prima con gli italiani. Il mainstream è arrivato, alla fine, ad una sorta di tifo da stadio, dove viene “suggerito” non troppo velatamente per chi tifare; peccato però che non stiamo parlando di una partita di calcio, ma di una guerra e non è certo inasprendo gli animi che si può sperare di raggiungere la pace. A chi gioverebbe?

Questa è una responsabilità di cui il giornalista deve rendere conto, ecco perché oltre all’osservanza della giornata mondiale della libertà di stampa istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, oltre ai tre documenti di tutela adottati dal Consiglio d’Europa e oltre all’analisi annuale pubblicata dall’organizzazione Reporter Senza Frontiere, serve istituire un Organo di controllo eletto dal Parlamento a maggioranza relativa che provveda a sanzionare i giornalisti che senza dichiarare la loro appartenenza facciano dichiarazioni di carattere politico oppure domande tese a sostenere (direttamente o indirettamente) una tesi politica.  Introdurre il principio di trasparenza di opinione suddividendo il Giornalismo di sostegno politico dal Giornalismo di informazione indipendente. Chi decide di fare Giornalismo di informazione potrà svolgere la sua mansione liberamente, trovando e diffondendo tutte le notizie che vuole lungo qualsiasi canale informativo (televisione, radio, giornali, internet, ecc, ecc) ma non potrà esprimere valutazioni politiche in merito alla notizia che sta veicolando. In pratica potrà dire (in piena libertà) che cosa accade ma non potrà mai dire secondo lui perché accade. Questo perché la notizia è cronaca mentre la valutazione della notizia è politica. Questo è nel programma di Sovranità Italiana, perché ora più che mai c’è bisogno di cronaca per conoscere e non di politica per divedere.

Una cosa che abolirei poi è anche il compenso di chi partecipa nei talk come ospite o come opinionista, perché se sei pagato per dire la tua, che garanzia ho che non segui un copione?

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