Lo scorso 29 Dicembre 2021 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Recovery è stato introdotto l’obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti tramite POS, in realtà l’obbligo era già in vigore dal 2015 anche se non prevedeva sanzioni per gli inadempienti. Il regime sanzionatorio doveva entrare in vigore dal primo Gennaio 2023, ma col decreto PNRR approvato il 13 Aprile di quest’anno il termine è stato anticipato, e dal 30 Giugno 2022 chi rifiuta i pagamenti elettronici con bancomat o carte di credito potrà essere soggetto ad una multa di 30€ a cui si aggiunge il 4% del valore della transazione.
Continua e si inasprisce quindi la lotta al contante da parte del Governo che affianca questa misura alla limitazione dei pagamenti in contanti portando il limite a 999,99€ (attualmente il tetto massimo è di 1999,99€). Il fine di questi provvedimenti dovrebbe essere la lotta all’evasione fiscale e il tracciamento dei flussi di denaro, limitando l’utilizzo del contante sarà più facile per il fisco controllare le imprese e i consumatori.
In questo processo di controllo il Governo si affida ad alcuni intermediari, principalmente banche e istituti finanziari, ai quali è affidata la gestione dei sistemi di pagamento e la fornitura degli idonei strumenti di credito (o di debito). Gli istituti che si occupano della fornitura di questi servizi vengono remunerati attraverso delle commissioni applicate ogni volta che si verifica una transazione, il costo si attesta mediamente al livello dell’1 – 2 % dell’importo della transazione. In aggiunta l’imprenditore è soggetto al pagamento di un canone mensile, il cui ammontare varia a secondo dei pacchetti offerti dai vari Istituti, oltre ai costi che si trova a dover sostenere per l’eventuale apertura e mantenimento di un conto corrente.
Volontariamente o involontariamente di sicuro questi provvedimenti andranno a favorire le banche e i vari istituti finanziari che aggiungeranno un’altra voce di entrata ai loro bilanci, mentre parallelamente per le imprese e gli esercenti ci saranno nuovi costi, una nuova tassa, che non andrà ad incrementare le casse dello Stato ma del sistema bancario. Le imprese riverseranno inevitabilmente parte di questi costi sui prezzi al consumo e sugli stipendi pagati andando così ad aggravare una situazione già difficile.
Come al solito chi pagherà di più saranno i piccoli imprenditori, poiché le grandi catene che effettuano un elevato numero di transazioni, avendo un potere contrattuale maggiore, riusciranno ad ottenere commissioni più basse rispetto ai piccoli esercenti.

Ma davvero l’introduzione di questi sistemi di pagamento sconfiggerà una volta per tutte l’evasione fiscale?
Sicuramente questo sarà un duro colpo per alcune piccole imprese e lavoratori autonomi che basavano sulle poche migliaia di euro evasi annualmente la loro sopravvivenza, un’evasione dovuta anche ad una pressione fiscale elevatissima, ampliamente superiore alla media UE, che si rendeva necessaria per pagare gli stipendi o per il proprio sostentamento. L’evasione fiscale di questa categoria di esercenti (piccole imprese e lavoratori autonomi) ammonta a 7,6 miliardi, su un totale di 182,1 (dati ripresi dal comunicato stampa di Contribuenti.it del 18/02/2022 , lo sportello del contribuente ://www.contribuenti.it/news/view.asp id=3419#:~:text=In%20percentuale%2C%20il%20dato%20lombardo,dipendenti%20(6%2C4%25). ).
Per quanto riguarda invece l’economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose, che produce un’evasione fiscale di circa 78,6 miliardi di € l’anno e l’evasione generata dalle big company che ammonta a 42,9 miliardi di € annui, gli effetti saranno probabilmente molto ridotti. I metodi di evasione fiscale infatti non si limitano all’utilizzo del contante, sistemi sempre più sofisticati vengono elaborati di continuo, l’utilizzo di supporti informatici e di sistemi di pagamento sempre più informatizzati (come le crypto valute) hanno contribuito alla diversificazione dei metodi per evadere o eludere il fisco. Metodi sempre più elaborati e complessi che necessitano di molte risorse e risultano inaccessibili a piccole imprese e autonomi che continuano ad operare metodi “classici” di evasione (mancata emissione di scontrini, fatture…).
L’Italia è il paese europeo nel quale si registra una maggior evasione fiscale, è anche però il secondo paese con la pressione fiscale più elevata superato, secondo i dati Eurostat del 2018, solo dalla Francia. Una pressione fiscale che per le imprese ammonta all’incirca al 60%, altamente al di sopra della media europea. Uno dei tanti aspetti discutibili nell’UE, all’interno della quale il dumping fiscale ha portato molte imprese storicamente italiane e con molte sedi produttive ancora nel nostro paese a spostare la sede fiscale all’estero, in paesi con una pressione minore, riducendo le entrate pubbliche e concorrendo in maniera sleale con le imprese, soprattutto medio-piccole, che non riescono a delocalizzare la loro sede fiscale (queste big company “esterovestite” infatti continuano a riversare i loro prodotti sul mercato italiano, magari producendo anche in Italia dove i salari sono fermi da trent’anni, invece che in altri paesi dove il costo del lavoro è ad un livello più elevato).

Che serve una riforma del fisco lo sentiamo dire ogni giorno da tutte le forze politiche che governano il paese, ma se per ridurre le tasse alle imprese dobbiamo aspettare di ridurre il debito pubblico tagliando sui servizi, oppure dobbiamo spostare le tasse dal lavoro alla proprietà (continuando a seguire la logica della coperta corta), o dobbiamo compensare con nuove entrate o fare le riforme strutturali per avere due soldi a strozzo dall’UE, o peggio ancora commissariare la nostra democrazia parlamentare e immolarla per la realizzazione del disegno europeo (morire per Maastricht), allora attuare una seria riforma di questo tipo risulta impossibile. Solo con l’abolizione del vincolo esterno e il ritorno della sovranità monetaria questa strada sarà percorribile.
In conclusione questa misura, che sanziona le imprese che rifiutano anche un solo pagamento tramite POS, in questo delicato momento storico, non è altro che l’ennesimo colpo basso di questo esecutivo (appena caduto) alla piccola e medio impresa italiana, la quale nonostante venga dilaniata da anni dalle politiche ultra liberiste europee continua a resistere e a rimanere in piedi, radicata e più forte dei venti atlantici e d’oltralpe che da anni tentano di abbatterla.