Ti sei perso la notizia? ….. Come hai fatto a non vederla? E’ stata data alla Tv …

Ovviamente non è vero ma, se una notizia del genere passasse sui giornali nazionali o alla televisione, ci crederesti?

Ne dubito fortemente.

E la ragione per cui non ci crederesti è perché sei in possesso di informazioni inconfutabili che si traducono in una realtà oggettiva, derivanti da una logica ed una conoscenza dei dati.

E’ facile quindi comprendere se un argomento è vero o strampalato ma, se le tue informazioni, la tua conoscenza dei dati, la tua consapevolezza su un determinato fatto o notizia fossero carenti, come reagiresti?

Ti informi, approfondisci, ti fai influenzare e ti fidi, o rimani nel dubbio?

Le informazioni sono alla base della logica del pensiero, la mancanza di queste determina il non conoscere l’argomento e quindi non poter interloquire e prendere posizione.

Ma le informazioni che ci vengono comunicate come sono?  I dati oggettivi sono quei dati che esistono indipendentemente dall’osservatore, ossia sono osservabili anche da altri e quindi le informazioni che ci vengono fornite sono oggettive?

Nella nostra società, l’influenza sociale gioca un ruolo fondamentale nel conformismo alle opinioni, all’obbedienza e alle divisioni.

L’INFLUENZA SOCIALE

Come il gruppo influenza la percezione dei singoli

L’esperimento di Sherif aveva la finalità di riprodurre sperimentalmente il processo di formazione delle norme all’interno di un gruppo e di studiare il controllo sociale che, attraverso tali norme, il gruppo esercita sui suoi membri.

Muzafer Sherif, è stato uno psicologo turco, considerato uno dei fondatori della psicologia sociale.

Secondo l’autore, l’effetto autocinetico è un’illusione ottica. In una stanza buia, un punto luminoso proiettato su uno schermo dà l’impressione di oscillare anche se in realtà è fermo. La principale variabile che interessava ai ricercatori era costituita dalle differenze di valutazione manifestate dai soggetti nelle situazioni in cui esprimevano i propri giudizi. Ponendo i soggetti prima a valutare la situazione da soli e poi in gruppo, si notò come pian piano la norma personale di valutazione si annullasse, portando la valutazione a un livello intermedio tra quella personale e quella di gruppo, fino ad arrivare alla costituzione di una vera e propria norma collettiva

L’esperimento di Ash, effettuato 15 anni dopo quello di Sherif, da Solomon Ash, rileva che all’interno dei gruppi sociali non tutte le persone avrebbero la medesima probabilità di esercitare influenza: sono le opinioni maggioritarie quelle potenzialmente più influenti.

Solomon Asch conseguì il dottorato in psicologia alla Columbia University nel 1932. La sua carriera accademica lo portò a insegnare presso varie università statunitensi e a dirigere la sezione di psicologia sociale presso l’American Psychological Association.

Il suo esperimento prevedeva che sette individui, seduti intorno a un tavolo, rispondessero pubblicamente a un test. I presenti dovevano esaminare due grafici: in uno compariva una linea, la linea standard, nell’altro tre linee di lunghezza diversa, solo una delle quali identica alla linea del primo grafico. La consegna era molto chiara: tutti, a turno, dovevano dire pubblicamente quale delle tre linee del secondo grafico fosse identica alla linea standard. I primi cinque soggetti chiamati a rispondere erano complici di Asch e fornivano tutti la medesima risposta sbagliata. A essere posto sotto osservazione era dunque colui che doveva rispondere per sesto.

L’esperimento venne replicato numerose volte.

I risultati dell’esperimento

Una risposta su tre dei soggetti non complici era errata ed era conforme alle risposte, volutamente sbagliate, fornite dalla maggioranza.

Le considerazioni finali.

Al centro del suo esperimento vi è il concetto di conformismo: il mutamento di un giudizio o di un comportamento che si realizza quando il singolo è posto di fronte a una norma sociale implicita, quindi non espressa, ma ricavabile a partire dall’osservazione delle azioni altrui.

La tesi sostenuta da Asch è che le persone possono adottare comportamenti uniformi a quelli della maggioranza per conformismo e per il bisogno di sentirsi parte di un gruppo.

Come le persone sono portate all’obbedienza

L’esperimento di Milgram  serve a comprendere quali siano le basi dell’obbedienza – cioè l’esecuzione di un ordine e la disponibilità a rispondere a ciò che prescrivono le norme esplicite – e quali siano i comportamenti degli uomini che ricevono l’ordine di compiere atti violenti, immorali o riprovevoli.

Stanley Milgram conseguì il dottorato in psicologia sociale ad Harvard. Fu ricercatore e professore; il suo esperimento sull’obbedienza, nato per rispondere a interrogativi sollecitati anche dalla tragedia della Shoah e dal processo Eichmann, divenne molto noto e fu al centro del suo testo Obbedienza all’autorità (1974).

Milgram reclutò 40 volontari tra i 20 e i 50 anni. Si dichiarava loro che avrebbero partecipato a un esperimento sui processi di apprendimento.

Tre erano i partecipanti all’esperimento: il vero e unico volontario, con il ruolo dell’“insegnante”; il primo complice, lo sperimentatore, con l’incarico di coordinare l’esperimento e impartire gli ordini; il secondo complice, un finto volontario con il ruolo dell’“allievo”.

L’esperimento prevedeva che in una stanza l’allievo venisse legato a una sedia e che gli fossero attaccati degli elettrodi. L’insegnante e lo sperimentatore erano invece in una stanza attigua dalla quale potevano ascoltare, ma non vedere l’allievo. L’insegnante doveva porre delle domande. L’allievo, come da copione, doveva rispondere in modo sbagliato. Ad ogni suo errore, lo sperimentatore ordinava all’insegnante di azionare una leva di una macchina che era stata descritta come strumento per trasmettere scosse elettriche. L’insegnante doveva infatti somministrare scosse elettriche, dall’intensità sempre maggiore, all’allievo quando questi rispondeva in modo errato. La macchina non trasmetteva nessuna scossa e allievo e sperimentatore ne erano ovviamente consapevoli. L’allievo doveva però urlare, chiedere di interrompere l’esperimento, dichiarare di essere cardiopatico, fingere di essere privo di sensi man mano che l’esperimento procedeva e il voltaggio delle scosse aumentava.

I risultati dell’esperimento

tutti gli insegnanti obbedirono, almeno fino a un certo punto, agli ordini dello sperimentatore e più della metà giunse a infliggere le scosse con il massimo voltaggio all’allievo.

Le considerazioni finali. I risultati quantitativi portarono Milgram a dichiarare che chiunque è in grado di eseguire un ordine immorale, distruttivo e nocivo impartito da una autorità. Milgram rifletté sul concetto di obbedienza e sulle ragioni che inducono l’uomo ad obbedire:

l’obbedienza è un principio che l’uomo apprende sin dall’infanzia attraverso un sistema di premi e castighi;

l’obbedienza è funzionale alla società e al mantenimento di questa;

colui che impartisce ordini e al quale si ubbidisce è considerato meritevole di fiducia e competente;

nell’esecuzione di un ordine, colui che ubbidisce non si sente responsabile dell’azione che svolge. La responsabilità è fatta ricadere su colui che ordina;

si è maggiormente portati ad obbedire a un ordine che impone l’esecuzione di un atto crudele o violento quando l’azione da realizzare è graduale.

Come il gruppo viene influenzato attraverso la violenza

L’effetto Lucifero è un fenomeno sociale introdotto nel 1971 da Philip Zimbardo ed è considerato tra i più importanti a livello accademico e ritenuto fondamentale in psicologia sociale

L’esperimento di Stanford ha lo scopo di rilevare cosa fa sì che i buoni diventino cattivi.

Gli sperimentatori selezionarono un gruppo di 24 studenti universitari ritenuti idonei perché considerati individui equilibrati, senza inclinazione alla violenza e senza precedenti penali. Zimbardo istallò delle telecamere per osservare ciò che accadeva all’interno del finto carcere. Inoltre decise di assumere la funzione di sovrintendente, in modo da poter intervenire in caso di necessità, senza dover interrompere l’espeGli sperimentatori reclutarono i partecipanti all’esperimento attraverso un annuncio sul giornale che prometteva loro 15 dollari al giorno per due settimane, in cambio della partecipazione. Tra le numerose persone che risposero all’annuncio, Zimbardo e i suoi collaboratori, selezionarono un gruppo di 24 studenti universitari ritenuti idonei perché considerati individui equilibrati, senza inclinazione alla violenza e senza precedenti penali.

Zimbardo istallò delle telecamere per osservare ciò che accadeva all’interno del finto carcere. Inoltre decise di assumere la funzione di sovrintendente, in modo da poter intervenire in caso di necessità, senza dover interrompere l’esperimento stesso. Attraverso un lancio di una moneta, i partecipanti sono stati divisi in due gruppi: detenuti e guardie. A quest’ultimi sono state fornite delle divise composte da occhiali da sole riflettenti e manganelli. I detenuti sono stati privati dei loro indumenti e costretti ad indossarne altri in modo da essere omologati e privati della loro individualità.

Quando l’esperimento ebbe inizio ogni partecipante cominciò ad assumere il ruolo assegnato. Le guardie giravano tra i corridoi delle celle con aria di superiorità. In più, per garantire l’ordine e guadagnare il rispetto dei detenuti, decisero di imporre loro delle regole. D’altra parte i detenuti stentavano a prendere sul serio le regole imposte loro, considerando tutto come un gioco e continuando a scherzare.

Con il passare dei giorni, ambedue i gruppi iniziarono sempre più a manifestare comportamenti insoliti legati al ruolo diverso assunto all’interno dell’esperimento.

Risultato dell’esperimento: l’effetto Lucifero

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